domenica 7 febbraio 2016

(In) felici a 50 anni

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 4 febbraio 2016

(In)felici a 50 anni: quando si ama la vita e si teme di perderla

Secondo le statistiche è l’età più difficile, quella dell’ansia.
Dopo i settanta la situazione migliora. La serenità? Bisogna aspettare i 90
di Emanuele Trevi

Ho compiuto cinquantadue anni da poche settimane, ed è con una certa naturale inquietudine che ho appreso da una ricerca dell’Istat britannica (Office for National Statistics) di stare attraversando il periodo più infelice della mia vita. Almeno dal punto di vista statistico.
I risultati di una accurata ricerca sulla felicità riguardano 300 mila adulti, interrogati al riguardo fra il 2012 e il 2015. L’Inghilterra è l’Inghilterra, ma è altrettanto vero che il mondo è paese, quindi converrà anche a noi italiani di mezza età meditare seriamente sulle minacciose tabelle pubblicate sul sito del
Daily Mail.



La condizione migliore dopo i novanta
La grafica può essere più crudele di ogni parola. La prima tabella è dedicata proprio a lei, alla felicità, quell’impalpabile essenza che i filosofi e i poeti di ogni tempo hanno tentato invano di definire. Non la si può definire, ma a quanto pare la si può misurare, per fascia d’età. Ebbene, in corrispondenza del settore 50-54 anni la colonnina del grafico registra il minimo. Tanto per fare un esempio, la felicità fra i 70 e i 74 anni è addirittura quadrupla: davvero vale la pena smettere di fumare. Ma tutti ci battono, i trentenni come gli ultranovantenni.
La rivincita ce la pigliamo nella tabella dedicata all’ansia. 
L’età dell’ansia è il titolo di un grande poema moderno, uno dei capolavori di Wystan Hugh Auden, il maggior poeta inglese del Novecento. Ora possiamo circoscrivere bene questo concetto: ed eccoli lì in vetta, i cinquanta-cinquantaquattrenni, questi nuovi eroi contemporanei, i campioni dell’ansia. Ancora una volta, per registrare una significativa riduzione del problema, bisogna puntare verso i settanta. La condizione migliore si realizza oltre i novanta.

Le responsabilità verso genitori e figli
Molto inadeguata mi sembra l’interpretazione di questi dati così interessanti. Alla mia età, suggeriscono gli statistici britannici, si fa più pesante il «burden», il fardello della vita. Bisogna prendersi cura dei figli e dei genitori nello stesso tempo. Perché i figli si fanno sempre più tardi, e i genitori diventano sempre più vecchi. Eppure siamo ultimi anche nel sentimento di fare qualcosa di utile nella vita, il che è un po’ strano. Così come è strano che il prendersi cura di figli e genitori sia un «fardello» più capace di abbattere l’umore e suscitare l’ansia di tanti altri «fardelli» della vita. Perlomeno questo corrisponde a dei sentimenti del tutto naturali, e universali.
Forse per capire il senso di questi dati bisognerà impiegare ulteriori sfumature. Una cosa mi sembra verosimile, perché la sperimento in prima persona: l’ansia in effetti cresce. E come potrebbe essere diversamente?



La lezione dei «cinquanta»
Quando eri giovane, pensavi ai cinquant’anni come a un’età biblica, in cui tutto ciò che è possibile imparare dalla vita è stato imparato, nel bene e nel male. E invece, eccoti qui, che della vita non hai capito nulla, e hai il sospetto che ormai andrà avanti così, dovessi pure arrivare al beato traguardo dei novanta, dove molto probabilmente l’ansia si riduce non perché si capisce qualcosa, ma perché ci si rassegna. E poi, nessuno ci impedisce di riconoscere all’ansia e alla malinconia almeno un valore positivo incontestabile.
A loro modo, sono entrambi indici del nostro attaccamento alla vita, della nostra capacità di attribuire senso e valore a ciò che amiamo. E visto che amiamo, è naturale che soffriamo, perché iniziamo a renderci conto di come non c’è nulla che ci appartenga veramente, tutta la nostra vita potendo definirsi un prestito. E perché non lo avevate capito prima? Qualcuno potrebbe chiederci, perché proprio adesso? La risposta mi sembra semplice: solo quando hai imparato ad amarla abbastanza, capisci che una cosa la puoi perdere da un momento all’altro.
4 febbraio 2016
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